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Allergie, a scuola il 61 per cento dei bimbi rischia gravi reazioni

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I medici allergologi lanciano l’allarme: oltre il 60 per cento dei bambini rischia una reazione anafilattica a scuola. Bisogna intervenire, colmando il vuoto legislativo italiano e fornendo maggiori informazioni su questa patologia.

allergieSono preoccupanti i dati resi noti durante il Congresso Nazionale dell’Associazione Allergologi Immunologi Territoriale Ospedalieri (AAITO): nel nostro Paese, infatti, le allergie sono in costante aumento, al punto da colpire circa 15 milioni di persone. Ovvero, un italiano su quattro è vittima di questa patologia, a causa soprattutto di una serie di fattori come l’inquinamento, l’eccessiva igiene, una frequente banalizzazione dei sintomi e il conseguente ritardo diagnostico; e le cose potrebbero addirittura peggiorare, perché il numero è destinato a crescere e a toccare quota 30 milioni (ovvero, il 50 per cento della popolazione) entro i prossimi dieci anni.

Le cattive notizie però non si fermano qui, perché bisogna fare attenzione a quanto avviene a scuola.

Reazioni problematiche. I medici allergologi, infatti, hanno anche acceso i riflettori sull’assenza di una normativa specifica in Italia che riguardi la gestione dell’anafilassi ordinaria e straordinaria dei bambini allergici a scuola e nei luoghi pubblici. Vale a dire, manca ancora una legge di carattere nazionale che dia le giuste indicazioni da seguire sia nel quotidiano che nei casi peggiori di emergenza e reazione anafilattica. Anche perché l’incidenza delle allergie alimentari nei bambini in età scolare sta aumentando, e quindi è sempre più probabile che il personale scolastico possa trovarsi ad affrontare situazioni di difficoltà, oltre che la “semplice” gestione differenziata del menù della mensa scolastica pensata per intolleranze o allergie specifiche e acclarate.

I dati sui bambini. Nel congresso sono state diffuse le cifre del fenomeno: nel 61 per cento delle scuole italiane (vale a dire, nella grande maggioranza dei casi) è presente almeno un bambino che soffre di allergia ed è, dunque, a rischio di tipo anafilattico, visto che il 30 per cento delle reazioni gravi si verifica proprio nelle classi. E anche se le allergie alimentari sono più diffuse nei primi 3 anni di vita (e costituiscono la prima causa di anafilassi in età pediatrica), possono comunque presentarsi e fare la propria comparsa a qualsiasi età, e anzi negli ultimi dieci anni è stato riscontrato un aumento di circa sette volte dell’incidenza nei bambini tra zero e quindici anni, nonché negli adulti (seconda causa assoluta di anafilassi): perciò non bisogna abbassare la guardia.

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L’abc delle informazioni. Prima regola, dunque, è conoscere bene il problema. Innanzitutto, bisogna sapere che, in genere, le allergie alimentari sono imputabili a un numero particolarmente ristretto di “responsabili”, ovvero grano, soia, uovo, latte vaccino, noci e frutta a guscio, arachidi, molluschi e pesce. Ma, soprattutto, bisogna effettuare una visita specialistica per definire se il malessere che avvertiamo è provocato una “vera” allergia. Come ben spiegato nell’articolo di Almeglio.it, il portale della salute e del benessere, ci sono infatti patologie che presentano sintomi simili a quelli delle reazioni allergiche alimentari, come l’ipocalcemia congenita o l’ipoparatiroidismo, senza dimenticare la questione legata alle intolleranze.

Allergia vs intolleranza. Anche se condividono alcuni sintomi, gli specialisti mettono in guardia dal considerare in maniera superficiale le differenze tra intolleranze e allergie alimentari. Le prime causano problemi gastrointestinali, per la maggior parte, e soprattutto non presentano alcuna mediazione immunologica; le allergie, invece, sono molto più insidiose, perché attivano il sistema immunitario e la produzione di specifici anticorpi, con conseguenze decisamente più gravi che vanno dall’orticaria a difficoltà respiratorie fino agli shock anafilattici delle situazioni più pericolose.

Insomma, manifestazioni cliniche, percorsi diagnostici e, ovviamente, terapie sono differenti a seconda della patologia, ecco perché non bisogna prendere iniziative personali, ma attendere sempre l’esito di esami e controlli specifici per non incappare in ulteriori problemi di salute.

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